martedì 29 aprile 2014





SETTLEMENTS AND PROTOTYPES IN THE MEDITERRANEAN AREA. THE ECOFONDACO PROTOTIPI SOSTENIBILI PER UNA PIATTAFORMA DELLA CITTA’ MEDITERRANEA. L’ECOFONDACO


Premessa
Il Mediterraneo non è soltanto un’espressione geografica, bensì un gigantesco incubatore di culture distinte, interrelate, contaminate, stratificate.
Da sempre regno di viaggiatori - commercianti, guerrieri, pellegrini, marinai, ambasciatori, vagabondi –  e dotato di carattere dinamico, anche nei momenti apparentemente più stagnanti, denso di scambi e spostamenti, che hanno reso necessaria l’introduzione di infrastrutture materiali di supporto per le attività, il sostentamento, la sicurezza e, infine, il divertimento.
Come scrive Fernand Braudel, non ci sarebbero state rotte se non ci fossero stati luoghi di sosta. Il fondaco ha costituito nei secoli la risposta fisica a tali esigenze. Una vera e propria rete infrastrutturale, costituita da numerosi fondaci, ha segnato la storia e l’evoluzione fisica e culturale del Mediterraneo.
Le trasformazioni economiche, politiche e sociali in atto ne confermano il ruolo centrale, non solo da un punto di vista geografico ma, soprattutto, dal punto di vista culturale. Alle attività di commercio si affiancano oggi, in modo preponderante, gli scambi culturali e umanitari, riconfermandone la centralità e il ruolo di network per le popolazioni che vi si affacciano.
Il Mediterraneo può, allora, essere considerato come uno spazio della multiculturalità e della interconnessione.
Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie lo scambio non si limita alle merci materiali ma diventa scambio di merci immateriali. La cultura e la conoscenza sono le nuove merci che il fondaco, in quanto luogo della multiculturalità, contiene ed emette.


Il fondaco come piattaforma della cultura mediterranea

Pandocheion, funduq e fondaco
Il prototipo per un fondaco contemporaneo, che chiameremo ecofondaco, oggetto della ricerca in corso, reinterpreta la struttura del tipo storico a partire dalle tre modalità attraverso le quali esso si è manifestato nella cultura greca, islamica e cristiana, in un arco temporale compreso tra il secondo e il diciottesimo secolo.
Queste tre modalità, pur presentando differenze e specificità legate ai luoghi e alle culture, mostrano aspetti comuni, quali le funzioni di accoglienza per i viaggiatori, di deposito per le merci e, inoltre, il ruolo centrale nello scambio delle stesse e, ancora, delle idee che, insieme alle mercanzie, si spostavano lunghe le rotte del Mediterraneo.
La prima forma conosciuta, il pandocheion greco, che etimologicamente sta a significare “luogo nel quale tutti sono accettati”, era luogo di incontro e ospitalità aperto a tutte le provenienze e religioni. Simile a una struttura recettivo-alberghiera, il pandocheion accoglieva stranieri e viaggiatori di passaggio, favorendo l’interscambio culturale sebbene, a volte, godesse della fama di luogo di dubbia moralità.
Dal V-VI secolo al XII secolo il fondaco, dalla cultura greca trapassa nella cultura islamica e diviene funduq, avamposto strategico per il commercio che coniugava aspetti funzionali, culturali e rappresentativi. L’accesso previlegiato garantito ai commercianti ne fa una struttura dal forte ruolo economico e politico per il controllo dei traffici. Tuttavia il funduq mantiene la funzione assistenziale e di accoglienza del pandocheion seppur in presenza di un controllo e un’organizzazione più efficienti.
Il fondaco cristiano medievale, a partire dal XIII secolo, riveste un ruolo assimilabile a quello di un consolato, contrassegnato da una chiusura e settorializzazione maggiore, che spesso individua nel fattore etnico il carattere discriminante e di separazione di un gruppo sociale. Noti sono i fondaci veneziani, ubicati nei punti di maggiore accessibilità, in prossimità dei porti più rilevanti o, all’interno del sistema lagunare, sui canali di maggiore importanza.
Nonostante le differenze che connotano storicamente l’evoluzione dei tre tipi di fondaco, dal punto di vista architettonico sono evidenti alcune permanenze. Le tre strutture fisiche, infatti, nascono in modo analogo lungo le vie marittime, le rotte carovaniere o nei nuclei urbani nei quali tali rotte si incrociavano. Essi si sviluppavano come un organismo a corte, generalmente disposto su due livelli. Gli ambienti del piano terra, disposti attorno ad un vuoto, erano deputati allo stoccaggio delle merci, e al ricovero degli animali. Al livello superiore erano situate le camere per gli ospiti. Una serie di attrezzature, come pozzi, forni, ghiacciaie, utilizzate dai mercanti, erano create e mantenute grazie al contributo che essi stessi versavano per l’usufrutto. Per questo i fondaci potevano essere considerati come comunità autofinanziate.
Al carattere di chiusura fisica del fondaco storico, quello contemporaneo contrappone caratteristiche di apertura, porosità, replicabilità e flessibilità in genere.
E’ spazio condiviso, piattaforma immateriale per la crescita collettiva, dove la multiculturalità è il vero valore da condividere.
E’ un incubatore per le diverse religioni che vi convivono, luogo di apprendimento, di formazione e informazione e, infine, luogo di accadimenti culturali.
Oltre a rapportarsi con l’ambiente secondo i paradigmi della sostenibilità, esso promuove uno sviluppo territoriale sostenibile fondato sulla conoscenza delle specificità produttive dei luoghi e sull’idea di turismo consapevole e sostenibile.
Il fondaco contemporaneo è inteso come spazio polifunzionale, pensato in termini di flessibilità, sostenibilità urbana ed energetica.
Esso comprende spazi aperti e coperti per eventi culturali e artistici, concerti, mercati; spazi multimediali interattivi; spazi per il co-working; aule e laboratori per attività didattiche e di incontro, dedicate ai bambini e ad attività produttive; spazi per la ristorazione e l’educazione gastronomica; spazi per il commercio di prodotti locali e artigianali; spazi dell’accoglienza dotati di spazi comuni.

Tre modelli  spaziali
L’idea di fondaco presuppone uno sviluppo secondo diversi modelli architettonici che possono venire adottati con differenti declinazioni in relazione alle mutevoli condizioni contestuali. Sono state individuate tre modalità spaziali:
1.  il recinto
2.  il tessuto denso della città araba
3.  l’edificio a piastra della modernità


Prototipo per un ecofondaco sostenibile a Venezia

L’obiettivo della ricerca è lo studio di un prototipo di ecofondaco, Questo, in quanto archetipo, ripropone, reinterpretandola, una struttura storica fondamentale del sistema insediativo veneziano, mentre mira, in termini di ricerca, alla predisposizione di un prototipo flessibile e ripetibile della cultura mediterranea. L’ecofondaco è basato, nella sua concezione, su due componenti: una con caratteristiche di permanenza , l’altra, di impermanenza.  Congiuntamente esse danno luogo a un modello modificabile e adattabile a contesti differenti ubicati in ambito mediterraneo. Uno smart building, nel quale si integrano caratteri materiali e immateriali con l’apporto delle potenzialità delle nuove tecnologie multimediatiche e l’utilizzo di sistemi costruttivi sostenibili.
L’ ecofondaco, inteso come piattaforma e unità extranazionale capace di fare dialogare culture diverse, è un’entità complessa a servizio della globalizzazione che stimola il dialogo umanistico e tecnologico. Nel nuovo fondaco la merce di scambio è la cultura e la comunicazione.
L’ ecofondaco è, dunque, il luogo dove si incontrano il pensiero materiale e immateriale, multiculturale, oltre i confini territoriali. Esso rimanda all’antico, ma sempre contemporaneo, concetto di “accoglienza”, ovvero a uno spazio fluido, attento all’ambiente che lo ospita, flessibile, sicuro, economico in termini di gestione e realizzazione, ma che, altresì, tiene conto delle nuove tecnologie multimediali.
E' anche uno spazio culturale per l’esposizione sia fisica che virtuale dell’arte e dell’ambiente, dedicato all’energia vitale della rigenerazione, espressa dalle opere derivanti da “riciclo” o dai materiali ecosostenibili, utilizzati da artisti e designers; un luogo che esplora i nuovi linguaggi della bioarchitettura dove materia e visioni convivono.

Aspetti progettuali
L’ecofondaco, come il suo antenato storico, è il luogo per eccellenza deputato all’accoglienza e all’ospitalità, allo scambio di cultura, di idee, di saperi condivisi e da condividere. Una sorta di “bacino” informativo educazionale dell’equilibrio vitale tra terra e mare, nel quale i fiumi, come arterie vitali, fanno fluire nel fondaco le energie produttive del territorio, ricevendone in cambio riflussi culturali e storici e visibilità internazionale.
Gli aspetti considerati nello studio progettuale del prototipo sono:
-       Il riconoscimento delle potenzialità del contesto
-       Le soluzioni avanzate dal punto di vista tecnologico incluse le tecnologie immateriali
-       Il dialogo scientifico e sociale
-       La produzione di energia
-       La gestione dei rifiuti
-       La gestione acqua e fognature

Gli spazi, all’interno dell’ecofondaco, sono organizzati attorno a un patio/giardino (implicito richiamo all’archetipo spaziale dell'antica domus romana con impluvium), sono costruiti e arredati in maniera ecosostenibile. Il patio rappresenta una parte integrante dell’architettura, che contribuisce a rendere gli spazi dell’abitare un luogo umanizzato nel quale la natura riveste un ruolo importante.

Il fondaco di Mazara del Vallo

Una prima sperimentazione progettuale sul tema del fondaco come archetipo/prototipo dell’architettura mediterranea, è stata condotta a Mazara del Vallo, luogo strategico per posizione geografica,proteso verso il nord-Africa e nodo di una rete immateriale che si estende a tutto il Mediterraneo, connettendo saperi e realtà differenti.
Il progetto per un ecofondaco, condotto con gli studenti dei laboratori integrati di progettazione del corso di laurea magitrale di Paesaggio e Sostenibilità, si è confrontato con le aspettative e le iniziative già attivate dall’Amministrazione pubblica, che ha visto importanti risultati sul piano politico e sociale, finalizzate alla sperimentazione di un modello avanzato di convivenza.
La forte presenza di comunità straniere, tunisina in primis, ha posto già da alcuni anni il problema della coesistenza e della multiculturalità laddove il recupero per fasi dei quartieri arabi degradati rappresenta una strategia vincente di riuso urbano.
L’ecofondaco, situato su un’area prospiciente il lungomare, presenta I caratteri già enunciati; dal punto di vista funzionale si pone come edificio polifunzionale e flessibile nel quale gli aspetti materiali si integrano alle component immateriali. Da un punto di vista costruttivo esso si articola attorno a due principi costitutivi: l’hardware, intesa come quella parte legata alla durabilità e alla permanenza, e il software, inteso come componente impermanente, coniugata con l’utilizzo di tecnologie informatiche e multimediali. Questa dimensione immateriale, alla quale è affidata, mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie mediatiche, la produzione di cultura, formazione e informazione, a livello locale e globale, fa dell’ecofondaco una struttura porosa che si espande ben oltre i suoi limiti fisici.

Roberta Albiero



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